mercoledì 27 febbraio 2013

Nuove Energie

Un nuovo episodio della saga delle magliette che raccontano il mondo.

Mentre dalle finestre dei palazzi del potere gli imperatori in pantofole si gridano addosso gli insulti più insulsi, torna a galla nella mia memoria l'immagine di una t-shirt.
Un ragazzo con un po' di barba.
Alla stazione di Santa Maria Novella (non riesco a smettere di frequentare la strada ferrata).
Sul suo petto c'è una pistola, è quella di un distributore di benzina.
Ma ha tutta l'aria di essere un revolver.


Può, mi sono allora chiesto, una fonte di energia diventare un'arma?
Le risposte sono molte, quante sono le storie che questa Sirena di cotone ha cantato ad un Odisseo del terzo millennio.

Una di queste storie racconta di un uomo che è rimasto col serbatoio vuoto.
La lancetta del carburante della vita è appoggiata sullo zero. Ha perduto il lavoro.
Il suo fallimento significa anche il fallimento delle famiglie di tutti gli operai che lavoravano per lui. Gira la chiave un paio di volte, il motore gira a vuoto e non parte. Nel suo cuore non c'è più la benzina della speranza.
L'uomo estrae una pistola da un cassetto e la punta contro se stesso.
Prima di premere il grilletto abbassa le palpebre e nel buio degli occhi l'ultima cosa che riesce a vedere è un mare di vergogna e umiliazione.

Un'altra storia parla di un esercito.
Sulle divise polverose ci sono macchie rosse e macchie nere. Quelle purpuree sono le gocce di sangue dei compagni e dei nemici, falciati dalle raffiche delle armi automatiche o dagli sciami di schegge decollati dall'esplosione di un ordigno.
Le macchie nere sono quelle che il deserto sputa nel cielo dove grandi siringhe meccaniche l'hanno trivellato, spruzzi di sangue nero di una terra ferita e torturata da feroci giri d'affari e da indomabili guerre.

Un'altra storia ancora è quella del benzinaio che lasciò per sempre quella che era stata per tanti anni la sua casa.
Alla stazione di servizio, oramai, non passava più quasi nessuno: solo di tanto in tanto una vettura elettrica frenava all'ombra della grande pensilina facendo scendere qualcuno che chiedeva un'indicazione stradale o un po' d'acqua per il tergicristallo.
Il benzinaio attese una bella mattinata di primavera per salutare il vecchio fusto: lo ripulì per bene dall'unto e dalla polvere e, rimettendo la pistola nella sua sede, pensò che per la circostanza sarebbe stata appropriata un'espressione bellica. In fondo era stata una guerra: lui l'aveva persa, ma non ne era affatto dispiaciuto.
Allora fece sventolare sopra il distributore una bandiera bianca legata ad un bastone e vi fissò un cartello su cui aveva scritto: ci arrendiamo.
Poi, fischiettando, se ne andò.






lunedì 25 febbraio 2013

Urne Aperte

A meno di tre ore dalla chiusura dei seggi di questa storica tornata elettorale, non riesco a non farmi eco delle parole che ho letto sul blog di Beppe Grillo dopo l'adunata di Piazza San Giovanni.

Sono parole di un popolo che non ha perso le forze, di un popolo che non si rassegna ad essere orfano del proprio futuro e della propria fiera dignità.


"Tutti i giornali sono d’accordo: Grillo ha riempito con i suoi ragazzi la fatidica Piazza San Giovanni. Sono giovani, sono inesperti, sono entusiasti: si torna a vivere. E’ questa l’umanità che ha fatto la storia: quella che si è lanciata nella vita ingenuamente, forte soltanto del proprio entusiasmo, della sicurezza che essere uomini significhi sognare, sperare, amare, godere, gioire, e credere di riuscirci lavorando strenuamente per realizzare il sogno.
Siamo usciti, con questi sognatori, dall’incubo peggiore che gli Italiani si siano mai trovati a sperimentare, malgrado il loro lungo passato pieno di catastrofi: non avere un futuro. Non avere ciò che sostanzia, per ogni uomo, l’idea di futuro: che sarà bello, gioioso, nuovo, diverso, ricco di vita. Può forse il pareggio di bilancio, per quanto lo si prospetti come indispensabile, costituire “Il Futuro”? Può forse la Banca Centrale Europea, per quanti bond italiani sia disposta ad acquistare, vestire i panni della Fata Turchina? Basta, sì basta! Abbiamo assoluto bisogno di tornare a vivere la vita vera, quella che ha sempre reso ricchissimi gli Italiani anche quando erano poveri: la capacità di credere nel futuro, di lavorare per il futuro, nella bellezza della propria terra, nella fiducia del suo “stellone” gioioso e fortunato.
Tutto questo è stato deliberatamente ucciso, seppellito nel mondo lugubre dei sacerdoti del denaro, sordi e ciechi di fronte a qualsiasi cosa che non sia l’accumulo delle proprie monete. Economisti e banchieri si sono impadroniti dell’Europa e hanno scelto l’Italia come centro sperimentale del proprio potere, dove cominciare a sostituirsi ai politici, ormai del tutto succubi e corrotti. Ci sono riusciti con tanta facilità da rimanerne stupiti essi stessi. Forse non avevano immaginato, pur nella loro immensa presunzione, che sarebbe bastato il tintinnio delle monete a farsi addirittura chiamare da politici e capi di stato per governare al loro posto. Nel giro di un anno hanno costretto al suicidio 45 imprenditori. Un risultato davvero di tutto rispetto! L’Italia non è mai stato un paese da suicidio, neanche in tempo di guerra. I membri del governo, però, sono rimasti impassibili. Sono dei “fannulloni” questi italiani, purtroppo: sanno soltanto lamentarsi. Il giorno successivo al suicidio di un imprenditore Mario Monti è andato a consolare, non la famiglia disperata, ma i funzionari di Equitalia: quelli sì che sono dei solerti lavoratori!
La verità è che con la tirannide dei banchieri-politici si è diffusa nell’aria la certezza della loro incancrenita disumanità. L’arido deserto della loro anima è incompatibile con la vita. Hanno ingoiato, distruggendoli, tutti i sentimenti, gli affetti, i valori nei quali gli Italiani hanno creduto, e per i quali hanno lavorato e combattuto fin dall’inizio della loro storia. Tutto è stato azzerato, in nome del bilancio, in nome di una moneta. Perfino la Chiesa si è azzittita. Dopo aver sempre proclamato il primato dello spirito sulla materia, non ha avuto la forza di ribellarsi al primato del dio euro. C’è stato, a Sanremo, il “segno” della morte dell’italianità, un segno che soltanto il pensiero italiano poteva inventare: la deliberata, consapevole cacofonia della canzone Mononota.
Adesso, però, i giovani di Grillo hanno lanciato il grido della speranza: “politici, andate a casa!”. Per prima cosa, dunque, un Presidente della Repubblica che non appartenga ai partiti, che non sia né un economista né un banchiere, che non piaccia ai politici e non sia un fiancheggiatore dei politici, ma che rappresenti davvero gli Italiani, quello per cui tutto il mondo ha sempre apprezzato gli Italiani: l’arte, la poesia, la musica." Ida Magli

giovedì 17 gennaio 2013

Panorami a maniche corte.

Un modo di conoscere il mondo è certamente quello di prendere un aereo e atterrare su uno sconosciuto spicchio del nostro pianeta. C'è chi lo fa con un telecomando in mano senza mai alzare il sedere dai morbidi cuscini del proprio divano, chi con un album di francobolli, chi con ricette esotiche da spadellare in cucina e chi vagabondando da una bancarella all'altra cercando oggetti di artigianato provenienti da remoti meridiani.
Ma c'è anche un altro modo.
Ognuno di noi indossa quello che ritiene rappresentare maggiormente il proprio carattere ed il gruppo umano a cui si appartiene o si vorrebbe appartenere. In poche parole, i nostri indumenti sono le coordinate della geografia umana in cui ci collochiamo: sono dei messaggi senza parole, delle presentazioni implicite della nostra identità.
Ogni maglietta, paio di scarpe o borsa che portiamo con noi diventa il nostro ambasciatore per rapportarci coi nostri simili secondo la più basilare delle comunicazioni non verbali.

Si inaugura allora in questo spazio un capitolo dedicato a questi mondi di tessuto, ognuno capace di raccontarci una storia.

Per cominciare, dopo questo lungo preambolo, non vorrei usare troppe parole ancora. Del resto trovo che, in un frangente di conclamata decadenza come quello che stiamo vivendo, le parole scritte sulla maglietta che qui vi mostro si commentino da sole e siano più che convincenti per stimolare sull'argomento un nuovo spunto di riflessione, meno lamentoso e ben più interessante.
La maglietta era indossata da un ragazzo di colore incrociato alla stazione Termini di Roma.

"L'uomo di Neanderthal, nel momento stesso in cui incontra per la prima volta l'Homo Sapiens, si rende conto di essere stato surclassato e destinato all'estinzione. "

lunedì 1 ottobre 2012

Stickers are very sticky.

Stickers are very sticky. 



Gli adesivi aderiscono.
Aderiscono alla realtà come ai pali dei semafori o dei lampioni.
Li guarderemo da vicino, li osserveremo attentamente per scoprire i segreti che nascondono e lo specchio che costituiscono: la loro grafica, il loro stile, le icone che utilizzano possono raccontare molto del nostro tempo.
Stando a quello che appiccichiamo o ai segni che tracciamo sui muri delle nostre città possiamo capire noi stessi, o semplicemente abbandonarci alla suggestione di una proposta.
E allora... All'attacco!

mercoledì 26 settembre 2012

Kataribe. Uno sguardo sul mondo.

Kataribe.



Una parola difficile, apparentemente. O quantomeno strana.
Ridicola? Priva di senso? Un significato, anche se in un'altra lingua, questa parola ce l'ha.
E' un termine orientale. 
Nell'antico Giappone infatti, prima che si sviluppasse una lingua scritta, la diffusione delle notizie era affidata a narratori professionisti: i kataribe
Il kataribe viaggiava instancabilmente di villaggio in villaggio portando con sè le storie da raccontare. 
E così farò anch'io.
Non ho un nome. Sono un uomo, o forse tanti uomini. 
Non importa chi io sia. Non sono altro che uno sguardo sulle cose che vedo e una voce per raccontarle.